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Un progetto di tesi in Product design a servizio delle disabilità

THESIS PROJECTS

Progetto di tesi in Product design: aiutare i pazienti tetraplegici a mangiare in autonomia

Cosa significa la parola design? “Un termine molto inflazionato” secondo Sara Modugno, alumna del corso in Product design, che ha individuato come risposta il progettare soluzioni per risolvere problemi reali.

La sfida che ha voluto affrontare, lavorando insieme al CTO di Torino e un team multidisciplinare dell’associazione non profit HACKABILITY, è stata produrre un ausilio realizzato tramite l’uso di macchine di prototipazione e stampanti 3D, che ha riscosso un enorme successo tra i pazienti.

Cosa significa la parola design? “Un termine molto inflazionato” secondo Sara Modugno, alumna del corso in Product design, che ha individuato come risposta il progettare soluzioni per risolvere problemi reali.

La sfida che ha voluto affrontare, lavorando insieme al CTO di Torino e un team multidisciplinare dell’associazione non profit HACKABILITY, è stata produrre un ausilio realizzato tramite l’uso di macchine di prototipazione e stampanti 3D, che ha riscosso un enorme successo tra i pazienti.

Leggi la trascrizione dell’intervista a Sara Modugno

con il suo progetto di tesi in Product design

Sono Sara Modugno, laureata in Product design.

Raccontaci il tuo progetto

Ho progettato un ausilio, in collaborazione con il CTO di Torino, che permettesse ai pazienti tetraplegici di poter tagliare gli alimenti in autonomia durante i pasti.

Com’è nata l’idea, cosa ti ha ispirato?

L’idea di questo progetto è nata dall’analisi della parola design, che di solito è molto inflazionata come parola.
Tradotta in italiano, in realtà, ha un significato molto più profondo: secondo me è, appunto, progettare, progettazione, individuare un problema e andare a risolvere questo problema. L’idea di progettare si può, diciamo, sviluppare in più settori tra cui anche quello del sociale, e quello che trovo la parte accattivante del design è progettare per gli altri.

Con quale azienda hai collaborato?

Ho collaborato con l’associazione Hackability: ho scelto questa associazione perché loro lavorano proprio con la disabilità e sono al servizio della disabilità, ma in realtà creano proprio dei team, dei tavoli di co-progettazione fra diverse figure, fra cui gli ingegneri, i terapisti occupazionali, i pazienti stessi, i disabili e anche gli anziani.
Ho avuto l’opportunità di collaborare con loro all’interno del progetto Tech for Inclusion, in collaborazione con il CTO di Torino, in cui l’associazione è riuscita a portare le stampanti 3D all’interno del CTO di Torino: questo permette di creare degli ausili in tempo zero in maniera molto immediata attraverso l’utilizzo della stampante 3D.

Quali difficoltà hai incontrato e come le hai superate?

La parte più difficile all’interno di un tavolo di co-progettazione è mettere insieme le opinioni di diverse persone e di persone che sono esperte in diversi settori: ho imparato ad ascoltare le opinioni di tutti, a raccoglierle e poi creare una soluzione che tenesse conto delle opinioni principali di tutti, quindi questo mi è stato di grande aiuto ed è una difficoltà che che ho superato appunto attraverso questo percorso di tesi.

Come sei stata supportata da IAAD.?

IAAD. mi è stato di grande aiuto: avevo, combinazione, fatto un workshop proprio sull’utilizzo della stampa 3D e questo mi ha aiutato poi nel momento in cui ho dovuto svolgere la tesi, perché alcune nozioni appunto sulla stampa ce le avevo.

Il relatore interno, Mauro Bimbi, è un ergonomo, quindi è stato essenziale nel momento in cui dovevo andare a progettare la parte ergonomica, e all’interno di un ausilio per dei pazienti comunque particolari, tetraplegici, è veramente importante: ho avuto un grande supporto da questo punto di vista.

Cosa hai provato quando hai visto la tua idea prendere forma?

Quando la mia idea ha iniziato a prendere forma, devo dire che mi sono entusiasmata ed emozionata: cioè passavo dal modello 3D a poi vedere l’oggetto in mano, quindi ho seguito proprio tutto l’iter progettuale, lo sviluppo, ed è stato veramente emozionante, soprattutto nel momento in cui ho dato il mio ausilio finito in mano al paziente e ho visto che lo utilizzava interamente da solo.
Questo per me è stato ovviamente motivo di orgoglio ma di grande soddisfazione anche vedere il volto felice di questo paziente.

Cosa rappresenta questo progetto per te e per la tua carriera?

Per me questo progetto rappresenta un punto di inizio, perché secondo me questo è il futuro del design e della figura del designer.

La figura del designer deve essere inserita in tavoli di co-progettazione, deve dare spunti innovativi per migliorare veramente la vita delle persone, anche semplicemente da come si utilizza un oggetto, oppure facilitare proprio un’azione nella vita di tutti i giorni.
Per il mio futuro lavorativo, spero di trovare delle persone che abbiano la mia stessa ambizione, ecco.

Quale consiglio daresti a chi ancora deve affrontare questo percorso?

Agli studenti che stanno per affrontare questo percorso di tesi consiglio di essere aperti al dialogo con tutti, soprattutto con i propri compagni, con i professori, di non aver paura di chiedere aiuto anche ad altri professori che non siano il relatore interno.

Consiglio di essere carichi e motivati, e di scegliere un argomento che gli interessi veramente, perché da questo progetto si vede qual è il vostro pensiero.

Perché hai scelto IAAD.?

Ho scelto IAAD. perché per me è stata accattivante anche la comunicazione, ovvero questa idea di una comunità che ha degli obiettivi comuni e si riuniscono intorno a questi argomenti persone che vogliono trovare delle soluzioni, o che hanno delle ambizioni, o che creano delle cose nuove, belle innovative: quindi assolutamente un ambiente dinamico, e comunque ti dona tantissimo, cultura e desiderio di sapere sempre di più.

Perché il corso in Product design?

Ho scelto il corso in Product perché per me era il corso più completo.

Ho avuto la possibilità di seguire i miei progetti a 360 gradi: dalla realizzazione dei primi prototipi al modello 3D, alla renderizzazione ma anche un po’ al mondo di Communication, al mondo della comunicazione, o i loghi, il brand…

Per me era importante essere una una figura a 360 gradi e questo corso mi ha permesso di essere proprio questo.

La tua definizione di successo?

Per me avere successo significa essere realizzati in primis con se stessi, quindi guardarsi allo specchio e sentirsi comunque bene con se stessi.

Per me avere successo vuol dire anche avere carisma e avere l’opportunità di relazionarsi con altre persone che la pensano come te o anche in maniera diversa, ed è questo che crea, diciamo, un movimento molto forte del mondo: quindi, per me questo vuol dire avere successo.

Come immagini il tuo futuro professionale?

Il mio futuro professionale lo immagino ricco di esperienze, ricco di stimoli e di persone che possano condividere con me questo stimolo: sto cercando di costruire mattoncino per mattoncino proprio questo.
Immagino il mio futuro anche in compagnia dei miei colleghi universitari, quindi mi auguro di continuare su questa strada con loro.

Un designer è un progettista con anche il senso estetico. Ciao!


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