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Davide Negri, coordinatore del corso in Product design, racconta le caratteristiche del percorso triennale

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Alla scoperta del corso in Product design

Davide Negri, Coordinatore del corso triennale in Product design in IAAD. ci racconta le caratteristiche del percorso di studi, con un focus sui profili a cui è rivolto e le professioni in uscita.

Davide Negri, Coordinatore del corso triennale in Product design in IAAD. ci racconta le caratteristiche del percorso di studi, con un focus sui profili a cui è rivolto e le professioni in uscita.

Leggi la trascrizione dell’intervista a Davide Negri

sul corso in Product design in IAAD.

Sono Davide Negri, coordinatore del Dipartimento di prodotto.

Mi occupo da circa vent’anni di prodotto con lo studio che rappresento.
Di formazione sono architetto, quindi ho una matrice piuttosto pragmatica: questo fa sì che in qualche modo tenti di trasportare questo approccio pragmatico a quello che è il dipartimento di prodotto, perché oggi credo che sia di fondamentale importanza avere un contatto reale con quella che è la componente scientifica e tecnica nello sviluppare un oggetto, coadiuvata da una componente di tipo poetico.

Perché un corso in Product design?

Scegliere un dipartimento e un indirizzo di prodotto oggi significa avere uno sguardo ruotato alla flessibilità di pensiero, e flessibilità e versatilità progettuale.

Fare prodotto oggi significa avere uno sguardo che è capace di intravedere strategicamente delle interpretazioni di vita che si declinano poi in prodotti che hanno una loro valenza commerciale rispetto a un mercato: anche quello che ci circonda, la formazione che all’interno di IAAD. adottiamo e seguiamo è mirata ad avere un metodo che consente di ottenere un prodotto sviluppato secondo diverse logiche che consentono poi di parlare la lingua che corrisponde a quella del mercato, e quindi essere contemporaneo in qualche modo.

Perché studiare Product design in IAAD.?

Studiare prodotto in IAAD. credo che che sia una delle variabili per la quale ho scelto poi di insegnare, e nella fattispecie a me piace ricordare che in IAAD. la quasi totalità dei docenti è fatta da liberi professionisti, quindi persone che sono oggettivamente sul mercato e hanno un riscontro diretto di quello che è il loro operato su quello che è appunto Il campo e l’ambito in cui ciascuno lavora, da un punto di vista commerciale e di relazione con le aziende.
Questa relazione con le aziende pone lo studente già in una condizione di relazione relazionarsi con delle dinamiche che sono assolutamente verosimili rispetto a quello che veramente succede fuori: tutte le esercitazioni che si fanno hanno comunque una matrice di legame con quello che è il mercato e con quello che è il mondo reale delle aziende che producono, delle aziende che vendono.

Una delle discriminanti per scegliere IAAD. è la vicinanza al mondo reale che sta fuori: questo pone lo studente nelle condizioni di fare un esercizio di relazione, di dialogo con un interlocutore di diverso tipo che poi lo aiuta nell’avere già un lessico che gli consente in modo adeguato di relazionarsi alle aziende e agli interlocutori una volta usciti.

Perché hai deciso di insegnare?

Ho deciso di insegnare in IAAD. per un motivo su cui rifletto ogni giorno che sono con gli studenti, che è lo scambio: a me piace tantissimo il fatto che oggettivamente non è unidirezionale, diciamo, la migrazione di contenuto reciproco, quindi in qualche modo questo scambio avviene ed è un continuo stimolarsi a vicenda.

Da un punto di vista mio quello che è utile è avere un riferimento da parte di una persona che è sul mercato e gli fa da ponte, diciamo, rispetto a certe esperienze che vengono citate durante i corsi; dall’altro punto di vista però a me interessa il loro sguardo assolutamente fresco nell’interpretare un certo tipo di soluzione per un oggetto, per un prodotto, per una necessità, e quindi in questo senso io per primo li lascio, soprattutto diciamo nella prima parte del percorso in IAAD., abbastanza liberi, perché io credo che sia prezioso quel tipo di contenuto da parte loro, e a me questo piace perché mi fa in qualche modo rimanere giovane da un punto di vista progettuale.

In cosa si distingue il corso in Product design IAAD. dagli altri del suo genere?

Il corso di prodotto io credo che in IAAD. abbia un plusvalore specifico nel rapporto con le aziende vero, quindi non solo durante il triennio.

Come già dicevo poco fa c’è uno sforzo che viene chiesto agli studenti nel calarsi nella realtà del gioco rispetto a quello che succede fuori, dal rapporto con i fornitori, con le aziende che producono, con le aziende che vendono, col mercato, ma c’è una possibilità concreta sempre maggiore di relazionarsi a delle aziende reali.
Il plusvalore vero io credo che sia questo, un valore che sfocia in quello che è il rapporto per la tesi con l’azienda, e in quest’ottica lo studente è chiamato non solo a sviluppare un esercizio di progettazione di un bene, ma di fatto viene in qualche modo sollecitato a parlare un linguaggio specifico da un punto di vista di brand identity, valore che viene considerato durante la progettazione: questo io credo sia fondamentale per parlare poi un linguaggio che viene universalmente riconosciuto una volta usciti da IAAD.

A chi è rivolto questo corso?

Lo studente ideale è quello che è interessato a innovare, quindi in qualche modo avere una visione innovativa dell’approccio al progetto, e mi vien da dire alla vita, perché poi di fatto si tratta di questo.

Qual è il taglio che da coordinatore dai a questo corso?

Come coordinatore tento di incastrare tutte le esperienze che si possono fare per far sì che il singolo studente maturi una propria identità progettuale.

In quest’ottica un’altra cosa che vorrei citare riguarda la scelta dei docenti, che vorrei che fosse il più possibile eterogenea: a me interessa molto che le lingue che si parlano in IAAD. siano veramente di diverso tipo; in questo senso il mio obiettivo è anche quello di ricerca di persone, dico persone non a caso, che riescano in qualche modo a trasmettere agli studenti questi questi valori.

Quali competenze vengono sviluppate durante il percorso?

Le competenze oggi sono davvero molteplici: un designer non può più limitarsi alla progettazione dell’oggetto, ma in realtà deve essere davvero bravo a trasmetterlo.

È sempre più frequente parlare con un interlocutore azienda e sapere che l’aspettativa è più di tipo narrativo che tecnico, quindi questo fa sì che comunque il focus da un punto di vista progettuale consideri anche – non solamente, ci mancherebbe, ma anche – l’aspetto di comunicazione della propria idea, che deve essere eseguita al meglio.

In questo senso gli studenti fanno, diciamo, diversi esercizi finalizzati ad amministrare il tempo e la capacità orale; nello stesso tempo devono essere molto bravi ad amministrare lo spazio bianco per comunicare nel poco tempo che tutti ormai abbiamo per capire se portare avanti un’idea o meno.

Quali sono i profili in uscita?

I profili in uscita sono diversi e possiamo andare da impieghi più vicini al prodotto, quindi un disegno tecnico piuttosto che una modellazione tridimensionale dell’oggetto, per andare poi verso direzioni invece più concettuali di direzione artistica piuttosto che in qualche modo di visione, dove quello che è l’obiettivo non è riconducibile per forza un oggetto ma può essere anche una linea guida di pensiero rispetto a un dato ambito, cosa che le aziende cercano sempre di più.

Ci sono diverse sfumature che portano poi ad avere impieghi di diverso tipo, più o meno specifici, quindi può essere che poi uno riesca a, diciamo, ad approfondire aspetti legati alla luce, piuttosto che aspetti legati all’ambito furniture, piuttosto che all’ambito in generale della trasversalità.

Nella sostenibilità citerei l’esperienza fatta con Decathlon: ci hanno chiesto di pensare al grande mondo dell’upcycling, che è un tema tanto interessante quanto delicato, perché la difficoltà principale dell’upcycling è giustificare in qualche modo il rimettere mano su un oggetto che è già stato prodotto e debba essere riutilizzato.
È un tema interessante perché chiaramente ha assolutamente una valenza da un punto di vista di impatto ambientale, ma va fatto a mio modo di vedere perché sia credibile fino in fondo, e in questo senso si sono identificate tre tipologie di oggetto specifico: un tavolo da ping pong, una tavola da SUP e una tenda, e in qualche modo lo studente era chiamato a rileggere e anche ricollocare da un punto di vista commerciale quello che era il progetto originario.
Il risultato è stato molto interessante, devo dire, anche apprezzato da Decathlon, perché si sono avute diverse interpretazioni che hanno ricollocato, a volte anche in ambiti commerciali totalmente differenti da quello prettamente sportivo proprio di Decathlon, gli oggetti rinati, per così dire, tant’è che in alcuni casi Decathlon ha considerato di portarli avanti come manifesto delle intenzioni all’interno di quello che è Decathlon stessa.

Quanto è importante la passione per affrontare questo percorso?

Alzarmi ogni giorno e pensare in qualche modo di dover inventarmi delle cose nuove, non avere una giornata tipo che mi obbliga ad avere sempre quella routine…io per questo potrei andare avanti assolutamente fino a quando campo, quindi bisogna avere questa cosa qua secondo me in questa professione, perché la gavetta è tanta, sicuramente fuori c’è un mercato molto competitivo, quindi bisogna essere in grado da un punto di vista di sapere maturare le competenze tecnico-scientifiche per arrivare a dimostrare oggettivamente, non soggettivamente ma oggettivamente, la propria idea, ma in seconda battuta ci deve essere la passione: vi deve proprio piacere questa disciplina per poterla fare con successo.

Io vi ringrazio e spero veramente che in qualche modo sia passato da un punto di vista così, empatico, l’amore che provo nel fare quello che faccio tutti i giorni, e spero possiate in qualche modo lasciarvi contaminare da questa passione e di vedervi in IAAD.


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