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Progetto di tesi in Innovation design con Nova Coop
THESIS PROJECTS
Dalla volontà di aiutare le persone che si sentono in difficoltà e per rispondere al problema della sicurezza nelle città, è nato un servizio che unisce l’aspetto di community grazie alla possibilità di condividere esperienze, paure e percorsi.
Beatrice Pallotta, studentessa del corso IAAD. in Communication design, ci racconta la sua esperienza e le difficoltà che ha incontrato.
Dalla volontà di aiutare le persone che si sentono in difficoltà e per rispondere al problema della sicurezza nelle città, è nato un servizio che unisce l’aspetto di community grazie alla possibilità di condividere esperienze, paure e percorsi.
Beatrice Pallotta, studentessa del corso IAAD. in Communication design, ci racconta la sua esperienza e le difficoltà che ha incontrato.
con il suo progetto di tesi in Communication design
Sono Beatrice e ho frequentato il corso in Communication design allo IAAD.
Per il mio progetto di tesi individuale ho progettato principalmente un servizio volto ad aiutare uomini, donne e chiunque, quindi, nel trovare strade più sicure e percorsi da percorrere in compagnia o da soli, che possano far sentire le persone più tranquille: questo servizio si è tramutato poi in app, in cui gli utenti potevano trovare percorsi e persone tramite anche l’aiuto delle recensioni.
Questo progetto l’ho scelto perché lo sentivo particolarmente mio, perché una mia particolarità è quella di voler sempre aiutare le persone nelle loro difficoltà, e soprattutto perché oggi si sente molto questo problema dell’insicurezza per strada: purtroppo, il target principale dei molestatori sappiamo essere le donne, però io ho deciso di ampliare questo target anche agli uomini perché credo che l’insicurezza non sia donna.
Ho collaborato con l’azienda Milanese Subsense e l’ho scelta perché è un’azienda fresca, giovane, e che quindi crede nella forza dei giovani.
Le difficoltà che ho incontrato nello sviluppo del mio progetto sono state principalmente riuscire a incastrare tutti i miei impegni scolastici e non, perché essendo una fuorisede dovevo riuscire ad incastrare tutti gli impegni fuori dalla scuola con le varie assegnazioni dei brief e, appunto, lo sviluppo del progetto di tesi.
Le ho superate con tanta pazienza e capacità di organizzazione.
IAAD. mi ha supportato principalmente con i professori, che mi hanno aiutato sin dall’inizio dello sviluppo del mio progetto di tesi, e vorrei ringraziare soprattutto il Professor Claudio Caciagli che non mi ha mai permesso di mollare un attimo per dare sempre il meglio di me.
Quando ho visto che il mio progetto iniziava a prender forma ho provato sensazioni mai provate prima, perché in questo progetto ho messo tutta me stessa: ho messo tutte le mie ansie, tutte le mie paure, lo stress, i pianti, la fretta nel finirlo, quindi quando l’ho iniziato a vedere più vivo, più reale, è stata un’emozione indescrivibile.
Questo progetto per me rappresenta me stessa al 100% e spero in futuro di poterlo realizzare concretamente, perché ritengo possa aiutare molte persone.
Per me la parola successo rappresenta un successo personale ed umano, e che non faccia mai cambiare i miei valori e i valori in cui credo di più.
Design per me significa riuscire a risolvere, quindi il designer per me deve risolvere i problemi delle persone.
Un consiglio che mi sentirei di dare ai futuri tesisti IAAD. è quello di credere sempre nei propri pensieri e nelle nelle proprie sensazioni, e di non perdere mai l’obiettivo: quindi, se avete un obiettivo, dovete provare in tutti i modi a raggiungerlo senza farvi influenzare da altre persone.
Ciao a tutti, un abbraccio!
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THESIS PROJECTS
Come nasce una collezione di moda e quali sono le strategie di comunicazione più efficace per realizzare una sfilata di successo?
Davide Raccuia, studente del corso IAAD. in Textile and Fashion design ci racconta la sua esperienza in collaborazione con il brand Maatroom.
Come nasce una collezione di moda e quali sono le strategie di comunicazione più efficace per realizzare una sfilata di successo?
Davide Raccuia, studente del corso IAAD. in Textile and Fashion design ci racconta la sua esperienza in collaborazione con il brand Maatroom.
con il suo progetto di tesi in Textile and Fashion design
Ciao, mi chiamo Davide Raccuia e ho frequentato il corso di Textile and Fashion design.
Come progetto di tesi ho presentato una collezione con la relativa poi sfilata: ho curato sia la parte di progettazione dei capi che poi tutta la parte di comunicazione, quindi shooting, video e appunto l’organizzazione della sfilata.
Questo progetto è nato principalmente dalla mia voglia di mettermi alla prova.
Essendo comunque un progetto complesso e lungo da fare l’idea è nata principalmente dal tema che ho sviluppato anche durante il corso dei tre anni in IAAD., che sembra un po’ cupo ma che a me affascina molto, quello della della morte e di tutto ciò che ne concerne. Mi ha ispirato un po’ questa tematica sia a livello storico che a livello culturale che anche personale.
Come azienda di tesi ho scelto Maatroom, che è un brand indipendente di Torino e l’ho scelto principalmente perché si avvicina molto al mio gusto estetico e mi piace molto sia l’etica con cui lavora la forma che presenta.
Allora, indubbiamente le difficoltà più grandi sono state la mancanza di manodopera, tra virgolette, nel senso che essendo da solo la maggior parte dei capi sono stati prodotti da me e poi anche tutta la parte di organizzazione è stata abbastanza complicata. Le notti insonne hanno aiutato il completamento di questa tesi.
Sono stato aiutato principalmente dalla mia relatrice interna, Giuseppina di Paola, che mi ha aiutato e supportato in tutta la fase progettuale di realizzazione poi nell’intera sfilata, ma anche dalla mia relatrice esterna, Giulia Soldano: entrambe non mi hanno mai impedito nulla e sono sempre venute incontro a quelle che erano le mie idee progettuali.
Quando ho visto che la mia collezione ha preso forma a primo impatto sono stato felicissimo, ovviamente: felice di tutto il lavoro che avevo fatto ma anche felice di aver trasformato un po’ tutti i mesi di lavoro in realtà, ma la fase un po’ più importante è stata sicuramente la parte finale, ovvero la realizzazione di tutta la sfilata, perché lì si andava a concludere un po’ tutto il progetto e tutto un percorso di mesi, e lì è stato pura gioia.
Come se dei piccoli me viaggiassero sopra altre persone!
Questo progetto per me rappresenta un po’ quelli che sono stati forse gli ultimi cinque anni della mia vita e racchiusi in un progetto. Tramite questa collezione sono riuscito a far continuare a vivere persone o oggetti.
Cosa rappresenta per il mio futuro? Spero possa rappresentare un inizio per quello che voglio fare.
Consiglierei sicuramente di divertirsi e rubare tutto quello che si può rubare (non a livello fisico) ma a livello di conoscenza, anche ai propri compagni, qualsiasi cosa: consiglio anche di tenere conto di tutti i gusti di ogni singola persona.
Ho scelto IAAD. per la varietà delle offerte formative che presenta ma anche un po’ per l’ambiente che mi sembrava un ambiente molto familiare piccolo e così si è dimostrato.
Ho scelto il corso di Textile principalmente per i miei interessi ma anche per rivalutare un po’ quello che è stato il mio percorso di studi precedente, non considerando i capi solo come degli oggetti ma come qualcosa che potesse trasmettere emozioni o parti di sé.
Allora, per me avere successo sarebbe indubbiamente vedere persone in giro per strada con indosso i miei capi.
Se dovessi scegliere un termine per descrivere IAAD. sarebbe sicuramente familiare.
Spero che il mio futuro professionale possa permettermi di viaggiare molto e di conoscere persone stimolanti, e sicuramente poter fare quello che voglio fare, ovvero disegnare capi.
Insomma, per concludere consiglierei a tutti quelli che stanno finendo o comunque facendo un percorso di studi di qualsiasi natura, ma in particolare in IAAD., di divertirsi e di fare quello che realmente si vuole fare non guardando troppo alla difficoltà.
E niente, vi saluto e vi ringrazio e magari ci si vede la prossima!
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THESIS PROJECTS
Un progetto di rebranding nato dall’esigenza di far trasparire dall’immagine i valori di una realtà iconica come quella dell’Autodromo di Imola.
Una sfida non semplice quella che ha affrontato Giulia Mongardi al termine del corso in Communication design: confrontarsi con un brand forte e storico mantenendone l’identità e proiettandolo in una dimensione futura e polifunzionale.
Un progetto di rebranding nato dall’esigenza di far trasparire dall’immagine i valori di una realtà iconica come quella dell’Autodromo di Imola.
Una sfida non semplice quella che ha affrontato Giulia Mongardi al termine del corso in Communication design: confrontarsi con un brand forte e storico mantenendone l’identità e proiettandolo in una dimensione futura e polifunzionale.
con il suo progetto di tesi in Communication design
Sono Giulia mongardi e mi sono diplomata nel corso di Communication design presso lo IAAD.
Per quanto riguarda il mio progetto di tesi individuale, fin da subito sapevo quale sarebbe voluto essere progetto che avrei voluto portare avanti: il progetto che ho portato avanti è un progetto di rebranding insieme all’autodromo internazionale Enzo e Dino Ferrari di Imola, che il mio caso ho voluto chiamare “Polifunzionalità in pista” proprio perché, trattandosi di un brand così tanto polifunzionale, volevo che anche a livello estetico e a livello comunicativo questa cosa trasparisse.
Il progetto di tesi Infatti prevedeva quello che era un rebranding del marchio del dell’autodromo di Imola nonché anche un rebranding di tutti quegli elementi grafici e comunicativi che andavano a fare da contorno alla loro immagine: per questo motivo ho voluto creare un logo dinamico proprio come l’autodromo Enzo e Dino Ferrari di Imola si vende alle persone; è un logo dinamico inteso non come un logo animato ma un logo che si può scomporre e ricomporre a seconda delle situazioni.
Alla fine dei tre anni di Communication design diciamo che c’era stata data la palla in mano per quanto riguardava la decisione del nostro futuro, di cosa ci piacesse fare: nel mio caso l’ambito che più mi interessava era quello del branding o rebranding e diciamo che la situazione si è presentata a me favorevole perché nella mia città natale, appunto, l’autodromo, a mio parere e anche a parere di altri, in seguito a una ricerca che ho fatto, risultava un marchio sì forte ma che non rispecchiasse i valori che in realtà vuole che traspaiano dalla loro immagine.
Il motivo per cui ho scelto l’autodromo, quindi, non è soltanto il fatto che avesse bisogno di un restyling ma proprio il fatto che sia parte integrante della mia città: io sono Imolese e abito anche relativamente vicino all’autodromo, quindi il sentire i rumori delle macchine che corrono o vedere le location nel momento in cui passeggio per la mia città è sempre una parte fondamentale.
La difficoltà maggiore che ho incontrato nel realizzare il mio progetto diciamo che è stata la parte iniziale, per una questione più interna a me, nel senso che avevo paura che andando a toccare un marchio così tanto importante e così tanto conosciuto dalle persone, e a cui alle persone tengono, soprattutto gli imolesi, avevo paura che questo destabilizzasse il pubblico.
Come l’ho superato? L’ho superato con del coraggio, nel senso che mi sono veramente buttata e ho seguito quelli che erano i miei pensieri e le mie sensazioni, e non mi sono fatta abbattere nonostante alcune persone mi dicessero “Cosa lo tocchi a fare? È un logo perfetto già così com’è: L’autodromo è bello così!”
Per me è stato un onore anche solo il fatto di aver avuto la possibilità di collaborare con loro in ambito di tesi, ma nel momento in cui sono stata richiamata il mondo un attimo si è fermato perché è stato veramente un momento di soddisfazione personale così grande che non vedevo l’ora di dirlo tutti, nonostante non potessi farlo.
È stato un progetto che per i primi mesi è dovuto rimanere segreto, tra virgolette, è stata una un’applicazione che sia prolungata anche nel tempo perché l’ho dovuta mantenere per me per poi rivelarla alle persone solo dopo che era stato comunicato effettivamente e il vederlo stampato il vederlo realizzato è sicuramente un tassello Importantissimo perché non è più solo nella mia mente o in una presentazione da me realizzata ma adesso viene sfruttata anche da altri.
Quando ho finito le superiori avevo le idee chiarissime in testa su quello che avrei voluto fare da grande, e lo IAAD. me l’ha servito su un piatto d’argento. Io cercavo un indirizzo proprio come quello che ho trovato nel corso di Communication design, ho provato a entrare, ho fatto il mio test d’ingresso e diciamo che non ho cercato nient’altro perché la presentazione di quelli che erano i corsi, delle opportunità che avevo, delle cose che avrei toccato non l’ho trovata da nessun’altra parte.
IAAD. è il confronto: il confronto che puoi avere con le altre persone, il confronto che hai con te stesso, il confronto che hai con i docenti, con i tuoi coetanei, con qualsiasi persona che sia in quell’ambiente.
Per me successo è sapere di avercela fatta: è un pensiero che non viene dagli altri ma che viene da te stesso, il sapere che hai raggiunto l’obiettivo che ti eri prefissato e forse quello che che gli dà ancora più valore è il fatto che se ne accorgano appunto anche gli altri, però in primis deve venire da te il sapere di essere arrivato al tuo obiettivo.
Vi lascio con uno dei miei motti che ho anche tatuato in un braccio: “meraki”, che vuol dire fare le cose con amore, creatività e passione, mettendo tutto te stesso in quello che fai. Ciao!
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THESIS PROJECTS
Un progetto che rappresenta la sintesi di tutte le passioni di Erika Cabras, in particolare l’urbex, la scoperta di luoghi abbandonati che per lei diventano ispirazione per sviluppare soluzioni che li restituiscano alla comunità.
Dalla collaborazione con il designer Nicola Zanarini è nata una sfida che ha ripercorso le teorie e i casi studio di icone del mondo dell’architettura, prima fra tutte Le Corbusier.
Un progetto che rappresenta la sintesi di tutte le passioni di Erika Cabras, in particolare l’urbex, la scoperta di luoghi abbandonati che per lei diventano ispirazione per sviluppare soluzioni che li restituiscano alla comunità.
Dalla collaborazione con il designer Nicola Zanarini è nata una sfida che ha ripercorso le teorie e i casi studio di icone del mondo dell’architettura, prima fra tutte Le Corbusier.
con il suo progetto di tesi in Interior design
Ciao, sono Erika Cabras e ho frequentato il percorso di Interior design presso IAAD.
Il mio progetto individuale di tesi si chiama “Social Shell” e si tratta del restauro di un edificio abbandonato poco fuori Bologna, un edificio che è stato realizzato da Gresleri, Daini e Parmeggiani, degli architetti che sono stati molto importanti nel corso della storia di questa regione: un progetto di architettura molto importante per quella che è la storia del territorio di Bologna.
La maggior ispirazione per questo progetto è stato, diciamo, un po’ la sintesi di tutte le mie passioni che ho portato avanti in questi ultimi anni di università, in particolar modo l’urbex, l’andare a visitare dei siti di edificio abbandonati per riuscire a sviluppare un progetto che tenesse conto di quelli che sono appunto certi problemi legati al nostro paese, ovvero l’abbandono, e in vista di un nuovo approccio al design e l’architettura per cercare anche di andare a scovare dai problemi sociali attuali delle risorse per il domani.
L’azienda con cui ho collaborato è Nicola Zanarini Designer, un designer di Casalecchio di Reno che ho scelto proprio perché anche lui ha avuto nel corso del suo percorso formativo molto a cuore questo edificio, tanto che ci ha sviluppato anche lui il suo progetto di tesi individuale.
Una delle difficoltà maggiori è stata quella di dover realizzare un progetto partendo da un edificio che non aveva le basi minime per poter realizzare un intervento di interior design: per affrontare questi problemi in fase di progettazione ho preso ispirazione da grandi casi studio di grandi maestri come ad esempio Le Corbusier, che avevano già loro affrontato in precedenza, in maniera eccellente, quelle che potevano essere queste problematiche.
Parlavo proprio di Le Corbusier perché è stato lui per primo la fonte d’ispirazione per gli architetti prima citati nella realizzazione e nello sviluppo di un’architettura di questo tipo.
Nel mio progetto di tesi sono stato supportata da tutta la comunità IAAD. a partire dal relatore interno ma fino ad arrivare anche a quelli che erano i miei compagni di corso.
Quando ho visto il progetto prendere forma ho provato molta soddisfazione, soprattutto per quanto riguarda la grandezza e la complessità di questo progetto, ma quando ho iniziato a vedere uscire fuori un po’ tutte le capacità acquisite nel corso degli anni sono rimasta molto soddisfatta perché sono riuscita a sviluppare una sintesi sia delle mie capacità ma anche di quelle che sono le mie passioni all’interno del campo del design.
Per me questo progetto rappresenta intanto un auspicio per il futuro, sia per quanto riguarda l’ambito del design ma anche l’ambito sociale ed economico del nostro Paese, perché ho cercato di tenere conto soprattutto di problematiche sociali come appunto il problema dell’abitazione, il problema dell’abbandono ma anche il problema dello spreco delle risorse energetiche, quindi questo progetto per me è un una sintesi di quelli che sono i miei ideali e le mie speranze per il futuro. Questo progetto per me quindi è un arrivo ma anche un punto di partenza.
Un consiglio che mi sento di dare a chi dopo di me intraprenderà questo percorso di tesi è quello di cercare il prima possibile un’azienda che possa rispecchiare i vostri ideali e le vostre passioni all’interno di questo mondo, che possa il prima possibile accompagnarvi fino alla fine di questo percorso.
La definizione di successo per me ad oggi non è tanto raggiungere l’azienda dei tuoi sogni o fare tanti soldi, ma quanto più tu riesci a continuare a imparare nel tuo percorso, quanto più riesci ad esprimerti e a capire veramente chi sei.
Ciao e grazie!
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THESIS PROJECTS
Come progettare una strategia di brand positioning per una startup?
È questa la sfida che ha accettato Asia Bonacorsi, studentessa del corso in Communication design, quando ha scelto di collaborare con la startup ARMIDAS, che opera nel settore degli NFT.
Come progettare una strategia di brand positioning per una startup?
È questa la sfida che ha accettato Asia Bonacorsi, studentessa del corso in Communication design, quando ha scelto di collaborare con la startup ARMIDAS, che opera nel settore degli NFT.
con il suo progetto di tesi in Communication design
Votatemi alle prossime elezioni!
Sono Asia Bonacorsi e ho frequentato il corso di Communication design.
Per il mio progetto di tesi ho realizzato questa strategia di marketing a 360 gradi per una startup nel modenese che tratta principalmente Web 3.0 e NFT.
La cosa che più mi ha ispirata per la realizzazione di questo progetto è stata soprattutto una chiacchierata che ho fatto per caso con questi ragazzi di questa startup modenese, miei coetanei, che mi hanno trasmesso la loro passione e la loro voglia di fare, il che mi ha portato a proporgli poi dopo di portare avanti questo progetto che tuttora sta continuando e sta prendendo vita.
Ho scelto di collaborare con Armidas perché mi hanno fatto proprio venire voglia di far parte del loro progetto, mi hanno fatto appassionare a quello che loro fanno facendomi sentire sempre più partecipe in quello che facevano e le decisioni che prendevano, rendendomi parte proprio di Armidas stesso.
La difficoltà nella realizzazione di questo progetto è stata principalmente l’inizio, perché comunque mi stavo andando ad approcciare ad un tipo di mondo che generalmente non studi.
È stato principalmente uno studio iniziale per capire di che cosa stavo davvero andando a parlare, quindi come funzionano blockchain, NFT, Web 3.0, che cosa ne potesse rientrare e che cosa no.
La difficoltà è stata appunto proprio sull’argomento che andavo a trattare, che non è un argomento troppo comune: ho superato questa difficoltà parlando tanto soprattutto con l’azienda, quindi con Armidas, ma anche parlando con la gente, cercando di capire quali fossero i loro dubbi, cosa non capivano, quali erano le cose che in primis le persone con cui mi confrontavo tutti i giorni non sapevano, non capivano, in modo tale poi dopo da studiare anch’io per spiegare poi dopo alle persone quello che non sapevano, ecco.
Il mio maggior supporter qui in IAAD. è stato il mio relatore interno, Riccardo Pirazzoli, per noi studenti “Piraz”, che mi ha supportata passo passo soprattutto all’inizio, quando non sapevo esattamente di cosa andare a parare: non ha avuto paura di dirmi “No, così no, questa presentazione è orrenda”, piuttosto che “Scava un po’ più a fondo perché so che puoi raccontare di più”, quindi possiamo definirlo il mio maggior supporter.
Quando ho visto la mia idea prendere forma ho provato sia soddisfazione, soprattutto perché avevo superato questo questo enorme ostacolo che era un po’ la mancanza di conoscenza per quanto riguarda questo mondo, ma soprattutto anche paura perché più mi avvicinavo verso la fine di questo progetto più capivo che dopo sarebbe davvero finita, quindi dopo avrei dovuto rimboccarmi le maniche e iniziare a lavorare.
Allora, la cosa che più mi spaventa dell’andare a lavorare, che poi non è proprio andare a lavorare in sé ma è il togliere questo paracadute che potesse essere la scuola, l’università, comunque avendo seguito un percorso di studi abbastanza lineare dalle elementari, è trovarmi per la prima volta nella mia vita totalmente immersa nel mondo lavorativo: è un cambiamento che di solito spaventa.
Mi sento pronta, penso di sì, ma lo scopriremo solo vivendo.
Per me questo progetto di tesi rappresenta più che altro il trampolino di lancio, soprattutto perché dopo questo progetto ho iniziato a lavorare con l’azienda con cui ho fatto la tesi, quindi con Armidas, per cui è stato un po’ sia il trampolino di lancio ma anche la riprova del fatto che tutto quello che poi ho fatto so farlo effettivamente, quindi è stato un po’ un banco di prova per cui ora so cosa posso fare e so che davanti magari a grandi progetti non ha senso scoraggiarsi.
A uno studente che deve iniziare questo percorso consiglierei innanzitutto di prenderlo magari con serietà, perché comunque tutto quello che viene insegnato, viene detto, soprattutto dai docenti non viene detto a caso: possono dare davvero dei grandi consigli e soprattutto i docenti sono una grandissima risorsa.
Consiglio agli studenti che stanno per iniziare ad affrontare un progetto di tesi di non abbattersi perché ci si arriva in fondo, in qualche modo ci si arriva; di essere abbastanza organizzati, e io sono una persona abbastanza organizzata e grazie un po’ alla mia organizzazione metodica sono riuscita a saltarci fuori in qualche modo senza andare troppo fuori di testa.
Allora, ho scelto di studiare design perché ho, diciamo, deciso di continuare un percorso che avevo iniziato già alle superiori: ho trovato una professoressa che mi ha fatto appassionare tantissimo a questo mondo, mi ha fatto appassionare molto alla grafica e alla comunicazione, per cui anche sotto suo consiglio ho deciso di continuare questo percorso, che anche a detta sua avrebbe potuto lasciarmi tanto.
Ora che ho terminato questo percorso posso dire che secondo me la parola design non si racchiude, come la maggior parte delle persone pensano, dentro all’oggetto di design, quel vaso strano, quella sedia particolare, ma design è tutto ciò che ci circonda, per cui da una campagna di comunicazione a una pubblicità a un modo in cui noi ci poniamo con le persone a, sì, anche oggetti, tessuti, vestiti, tutto ciò che ci circonda è design.
Dopo questa intervista e il caldo che mi è venuto direi di salutarvi. Grazie!
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THESIS PROJECTS
Lavorando in collaborazione con ICIF – Italian Culinary Institute for Foreigners Maddalena Abello, alumna IAAD. del corso in Interior design, è riuscita a progettare un format di locali di ristorazione scalabile, in grado di rappresentare i valori del brand pur mantenendo l’unicità dei contesti in cui è collocato.
Analisi e conoscenza del brand, unita a un costante confronto e supporto da parte del relatore interno Walter Nicolino, sono stati fondamentali per trasformare un’idea progettuale in realtà!
Lavorando in collaborazione con ICIF – Italian Culinary Institute for Foreigners Maddalena Abello, alumna IAAD. del corso in Interior design, è riuscita a progettare un format di locali di ristorazione scalabile, in grado di rappresentare i valori del brand pur mantenendo l’unicità dei contesti in cui è collocato.
Analisi e conoscenza del brand, unita a un costante confronto e supporto da parte del relatore interno Walter Nicolino, sono stati fondamentali per trasformare un’idea progettuale in realtà!
con il suo progetto di tesi in Interior design
Sono Maddalena Abello e ho studiato Interior design allo IAAD.
Ho progettato il primo locale di una futura catena di ristorazione che si chiamerà “Maccheroni Goal”.
È stato un progetto molto grande e molto interessante: ho dovuto progettare un locale scalabile che rappresentasse al meglio questo questo brand.
Fin dall’inizio sapevo che volevo trattare il tema della ristorazione o, in qualunque caso, del cibo.
È nato totalmente per caso: ho fatto un viaggio a Dicembre a Londra per trovare una mia amica e lì ho incontrato il mio relatore esterno che mi ha proposto questo progetto, che poi abbiamo appunto portato avanti.
Tornata a casa ne ho parlato con il mio relatore interno: è andata così.
Allora, ho collaborato con ICIF che è una scuola di alta cucina internazionale: ha sede in Italia ma anche all’estero, in Cina e in Brasile. Ho collaborato perché il mio relatore esterno è appunto presidente di questa associazione.
È stato un progetto complicato perché ho dovuto trattare un brand: non l’avevo mai fatto prima, l’ho dovuto analizzare e capire come rappresentarlo al meglio nello spazio.
Inoltre non si trattava di un locale bensì di più locali, un format scalabile e riproducibile: questa è stata la principale difficoltà; non aveva una planimetria precisa bensì il mio progetto era utopico, doveva essere scalabile appunto in qualsiasi contesto.
È stato fondamentale il mio relatore interno: io ho collaborato con Walter Nicolino.
Ci siamo confrontati numerose volte dopo lezione, abbiamo fatto appunto svariati incontri: sicuramente non ci si deve aspettare tutte le revisioni che si dovrebbero avere con un normale progetto, infatti stiamo parlando di un progetto di tesi, quindi un progetto individuale, che si porta avanti grazie alle proprie competenze, quindi sono giuste le revisioni da parte del relatore interno ma non bisogna pretenderle, appunto, perché ce ne sono poche.
Molta soddisfazione: sicuramente quando faccio i colloqui attualmente è il progetto di cui vado maggiormente fiera, perché l’ho portato avanti e l’ho approfondito in maniera più adeguata rispetto agli altri progetti.
È stato un progetto che mi ha fatto capire quello che vorrei fare dopo: mi è piaciuto talmente tanto che mi piacerebbe fare un Master o lavorare in qualche studio che che tratti i brand e il Retail design.
Mi riconosco in questo progetto per il brief che ho portato avanti: ho dovuto trattare cibo e sport, che sono due grandi passioni. Mi rappresenta appieno e mi ha fatto capire, appunto, quello che vorrò fare dopo.
Consiglierei di chiedere fin da subito alle aziende, mandare una richiesta, portarsi avanti in sostanza, ma soprattutto capire il relatore interno affine a te stesso: secondo me è molto importante, mi sono trovata molto bene con il mio relatore, eravamo sulla stessa lunghezza d’onda e questo è stato un grande punto di forza.
Per me Interior design è sempre stata una grande passione: prima ho fatto scientifico, poi ho deciso di cambiare strada. Indole, immagino.
Credo che significhi essere soddisfatto della propria vita, nel senso che capisco ora che sono entrata nell’ambito lavorativo quanto lavorare e fare qualcosa che ti piaccia ti renda felice, quindi potrebbe essere questa la mia risposta.
Attualmente vorrei fare tanta esperienza in tanti studi. Grande desiderio sarebbe aprirmi qualcosa di mio, portare avanti i miei lavori e iniziare a far parte di un team multidisciplinare.
Mi piace l’interior, mi piacciono tante altre cose: mi piacerebbe curare vari aspetti e farlo con persone competenti.
Me ne vengono in mente tante: amicizie, divertimento, sono parole banali, forse, però per me non lo sono state.
Mi sono divertita, ho creato qualche relazione che porto avanti ancora ora.
Godetevi questi tre anni, tanto, conoscete persone, impegnatevi in quello che fate. Ciao!
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THESIS PROJECTS
“Ma mi senti?” Questo il nome del podcast sviluppato da Rebecca Baravelli come progetto di tesi del corso in Communication design, con l’obiettivo di sensibilizzare le persone su due problemi molto attuali: la scarsa comunicazione tra le generazioni e i disturbi uditivi.
La collaborazione con l’azienda MDE Audio Strategy, società focalizzata sul Digital Audio, e il supporto della community di docenti IAAD. hanno fatto sì che il progetto potesse raggiungere un obiettivo così sfidante.
“Ma mi senti?” Questo il nome del podcast sviluppato da Rebecca Baravelli come progetto di tesi del corso in Communication design, con l’obiettivo di sensibilizzare le persone su due problemi molto attuali: la scarsa comunicazione tra le generazioni e i disturbi uditivi.
La collaborazione con l’azienda MDE Audio Strategy, società focalizzata sul Digital Audio, e il supporto della community di docenti IAAD. hanno fatto sì che il progetto potesse raggiungere un obiettivo così sfidante.
con il suo progetto di tesi in Communication design
Sono Rebecca Baravelli, ho frequentato il corso di Communication design allo IAAD.
Per il mio progetto di tesi individuale ho progettato in realtà un qualcosa di molto poliedrico: il fulcro è stato un podcast, quindi diciamo che il podcast era il sole e poi eventi, merchandising, comunicazione, social ecc…tutti i pianeti del mio sistema solare della tesi.
Insomma, quindi, un progetto abbastanza poliedrico però, sì, il fulcro era appunto il podcast.
Ciò che mi ha ispirato per il mio progetto di tesi è stato qualcosa che è partito interiormente, quindi da me, in particolar modo i rapporti familiari che ho all’interno della mia vita, rapporti di vicinanza stretta, e questo credo sia fondamentale per portare a termine un progetto che sentiamo nostro al 1000%, quindi partire da un qualcosa che sentiamo, non per forza delle problematiche ma qualcosa che appunto vediamo come nostro.
Per il mio progetto di tesi ho collaborato con un’azienda che si chiama MDE ed è un’azienda di branded podcast, e in particolar modo mi sono interfacciata col CEO ed è stata sicuramente una scelta molto proficua.
Ho scelto questa azienda perché, appunto, mi avrebbe aiutata nella creazione di un branded podcast, che era proprio lo scopo della mia tesi, e inoltre è un’azienda estremamente specializzata in questo campo, un’azienda su Milano: ho trovato in Mirko una persona fondamentale per la buona riuscita appunto della creazione di questo podcast.
Le maggiori difficoltà nello sviluppo del progetto sicuramente sono state il fatto che sono partita dal non sapere esattamente quale fosse l’obiettivo finale del mio progetto, quindi sono partita da un qualcosa che mi interessava, una mia problematica, ma non sapendo poi a cosa sarei arrivata con la realizzazione della tesi, quindi la difficoltà è stata proprio focalizzarsi e canalizzare le energie verso un obiettivo che poi potesse essere qualcosa di entusiasmante, quindi partire da qualcosa senza sapere dove arrivare.
Ho superato questa difficoltà interfacciandomi spesso con docenti anche diversi, quindi non solo il mio relatore interno ma tantissimi docenti che mi hanno accompagnato in questi tre anni, e da ognuno ho preso qualche spunto fino poi ad arrivare ad avere proprio il progetto di tesi.
Il supporto in IAAD. è qualcosa di presente: c’è soprattutto dai docenti perché il legame che c’è fra gli studenti e i docenti è qualcosa di veramente stretto e quindi anche i docenti che ci vedono crescere per tre anni ci tengono a far sì che i nostri progetti di tesi ci soddisfino, e quindi ci aiutano davvero tanto, anche inconsapevolmente.
Sicuramente anche il supporto della classe, essendo a numero chiuso quindi riuscendo a creare legami stretti, è stato fondamentale perché ci si parla tra compagni di classe, insieme anche ai professori, anche proprio durante le lezioni magari ci sono dei momenti di confronto collettivi e questi sono davvero utili.
Quando ho visto la mia idea prendere forma ho sicuramente provato tantissima soddisfazione, appunto, perché ero partita dal non avere un obiettivo preciso.
Il momento in cui c’è stato quello switch in cui ero in un tunnel senza luce e poi quando invece ho capito che cosa la mia tesi stava diventando mi ha dato poi anche la forza per incanalare meglio le mie energie e andare verso quella direzione, quel preciso obiettivo, quindi sicuramente molta soddisfazione e il fatto di sapere dove andare e volerci arrivare.
Questo progetto rappresenta per me il fatto che riesco ad arrivare in fondo a qualcosa con solo le mie forze, qualcosa che inizialmente penso essere più grande di me invece, poi riesco ad arrivarci; invece per la mia carriera rappresenta forse un punto di lancio perché mi piacerebbe riuscire a realizzarlo nel concreto.
Che definizione dare alla parola successo? Diciamo che sicuramente quello che penso oggi è diverso da quello che pensavo tempo fa, quindi tempo fa pensavo che il successo fosse qualcosa dato dagli altri, dato dalla società, invece oggi penso che il successo sia qualcosa che sentiamo più interiormente, quindi quando ci sentiamo soddisfatti, orgogliosi di un qualcosa che abbiamo fatto noi stessi con le nostre forze, e non importa quello che pensano gli altri: quindi il successo per me oggi è essere soddisfatti, orgogliosi di se stessi e di quello che si è fatto o che si sta facendo.
Un consiglio che mi sento di dare è molto semplice, è una parola ed è buttati!
Non aver paura di cominciare qualcosa anche se non sai che frutti darà, però la cosa importante è sì buttarsi ma chiaramente non nel vuoto, quindi partire da qualcosa che si sente interiormente, qualcosa che senti tuo e a quel punto buttarti sarà come buttarti col paracadute perché stai partendo da te stesso e quindi è sicuramente qualcosa che avrà successo.
Trust the Process!
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THESIS PROJECTS
Al centro del progetto di tesi vi è il supporto nella direzione artistica per tre collezioni di moda del brand Vìen Atelier del fashion designer Vincenzo Palazzo, con la produzione di contenuti foto e video.
Nel corso della sua tesi, Samuele Mastrangelo ha realizzato anche un cortometraggio ispirato alle linee guida del “Processo di individuazione” di Carl Gustav Jung, un percorso di ricerca della consapevolezza il cui risultato è il raggiungimento del benessere psicologico.
Al centro del progetto di tesi vi è il supporto nella direzione artistica per tre collezioni di moda del brand Vìen Atelier del fashion designer Vincenzo Palazzo, con la produzione di contenuti foto e video.
Nel corso della sua tesi, Samuele Mastrangelo ha realizzato anche un cortometraggio ispirato alle linee guida del “Processo di individuazione” di Carl Gustav Jung, un percorso di ricerca della consapevolezza il cui risultato è il raggiungimento del benessere psicologico.
con il suo progetto di tesi in Fashion design
Ciao, sono Samuele Mastrangelo e ho frequentato il dipartimento di Textile and Fashion design allo IAAD. di Torino.
Per quanto riguarda il mio progetto di tesi individuale ho sviluppato un progetto di direzione artistica con un brand di nome Vìen Atelier, dove mi sono occupato del seguire e affiancare le ultime tre collezioni, sviluppando una parte fotografica sia in digitale che in analogico seguita da una parte video, mentre per l’ultima parte ho creato questo mini cortometraggio che riprende il processo di individuazione di Carl Gustav Jung, ed è stato scelto più che altro per riprendere il processo che mi ha aiutato ed è stato un motivo per rappresentare al meglio quella che è stata la mia esperienza con lo IAAD., esperienza di crescita che mi ha permesso di capire quali sono le mie potenzialità e anche i difetti sotto un certo punto di vista.
Tutto è partito da un’intervista di Galimberti: mi piace un sacco il cercare di immedesimarmi in quelle che sono le sensazioni di una singola persona e cercare di rendere queste mie, dato che per me lo IAAD. è stato un, cioè, l’ho preso come un modo per crescere e capire quali sono le mie potenzialità.
Ho deciso di scegliere, appunto, questo processo di individuazione di Jung dove sono stipulate quattro fasi che riprendono il percorso di crescita e quindi ho cercato di immedesimare quelli che sono stati i miei tre anni in IAAD. fino ad arrivare all’ultima parte che consiste nella nascita di un nuovo individuo.
L’azienda con cui collaborato si chiama Vìen Atelier: l’ho scelta perché ho già avuto modo di collaborarci prima del progetto di tesi.
Penso che sia una delle poche realtà concrete e in cui riesco a immedesimarmi per quanto riguarda la scena pugliese, anche perché ho avuto modo di conoscere a fondo quella che è la persona che è il designer e sin da subito mi sono trovato abbastanza bene, sia per quanto riguarda gusti, visione, sia a livello musicale che artistico, che per quanto riguarda l’ambito fashion.
L’unica difficoltà che ho avuto nel percorso di tesi è forse la mia autocriticità, perché tendo a distruggere ciò che creo a distanza di poche ore: forse grazie all’aiuto sia dei miei compagni che dal relatore interno ho avuto modo di confrontarmi con loro e capire realmente quali fossero i problemi e i punti di forza di quello che stavo creando.
Diciamo che l’aiuto più grande che mi ha dato lo IAAD., in primis il mio relatore interno Prof. Italia, e la nostra coordinatrice di corso, la Prof. di Paola: loro mi sono stati un sacco d’aiuto per esternare quelle che sono le mie sensazioni ed emozioni.
Diciamo che questo processo qui è stato abbastanza lungo: infatti se penso al Samuele del primo anno e invece penso al Samuele del terzo anno c’è stato un cambio emotivo super super grande e quindi, diciamo, proprio per questo switch di personalità sotto un certo punto di vista sarò sempre grato ai miei professori, quello che è la comunità IAAD. e i miei amici.
La primissima sensazione che ho provato è stato un orgoglio abbastanza grande, nel senso che mi sono reso conto che questi tre anni di università, oltre che come studente, mi hanno cambiato come persona in primis.
Finalmente alla fine di questo percorso ero riuscito a realizzare qualcosa che mi rappresentasse al 100%, e che soprattutto riuscisse a fare immedesimare qualunque persona che ha guardato il mio lavoro e soprattutto l’ultima parte del mini cortometraggio che ho realizzato, anche perché è forse la parte più importante del mio progetto di tesi ed è quella che mi rappresenta di più sia a livello emotivo ma anche a livello di figura lavorativa, perché è l’ambito in cui vorrei operare.
Questo progetto di tesi mi rappresenta al 100%.
In un prossimo futuro lavorativo penso che sia la parte fondamentale da tenere a mente: un designer dovrebbe sempre rappresentare all’interno dei propri lavori quello che è, la sua persona, le sue sensazioni, anche la sua visione, gusti personali, ma non renderla una cosa propria ma una cosa che sia percepibile da qualunque persona, amico, conoscente.
Il primo consiglio che mi viene da dare a un ipotetico studente al terzo anno è capire già prima del terzo anno, diciamo, la persona che si è realmente, senza andare a interpretare un percorso che sia forzato, perché alla fine dei conti si potrebbe intraprendere anche un percorso di tesi che potenzialmente potrebbe essere strafigo, però se non c’è un qualcosa di tuo all’interno, che possono essere sensazioni o comunque gusto artistico, penso che una persona che poi andrà a osservare quello che è il tuo lavoro non riuscirà mai a percepire quella che è la tua persona, più che altro.
Ho scelto di frequentare lo IAAD. di Torino perché già dalla fine delle superiori avevo intenzione di fare esperienze nuove: trasferirmi in una città e soprattutto avere a che fare con persone nuove.
Prima di scegliere lo IAAD. mi ero confrontato con alcuni miei amici che hanno frequentato lo IAAD. ma in percorsi di studi differenti: mi sono fatto influenzare da quelle che sono state le loro sensazioni e il loro percorso di studi e soprattutto dal come mi è stato raccontato il vivere a Torino.
Ho scelto il dipartimento di Textile perché già dai 14 forse 15 anni vestirsi per me è sempre stato un tramite per rappresentare quella che è la tua personalità, o comunque le tue sensazioni, gusti artistici, anche a livello musicale: già dal secondo, terzo anno di liceo ho iniziato ad interessarmi a quelli che sono stati e sono alcuni dei designer che ho come punti di riferimento.
Questa passione è sempre andata crescendo fino ad arrivare alla fine del liceo dove avevo già ben in mente quelle che potenzialmente erano le mie passioni, e ho visto nel dipartimento di Textile una possibilità per esternare quelle che erano, quelle che sono le mie passioni, gusti artistici.
Penso che il successo sia una sensazione che ognuno di noi prova.
Subito dopo aver finito un progetto raggiungi questo goal quando, so che potrei sembrare assillante, però quando riesci a mettere il 100% della tua persona all’interno di un progetto, e soprattutto quando lo vai a esporre e vedi che magari le persone si sentono coinvolte e reagiscono alla tua stessa maniera, perché il successo non è una cosa che si prova singolarmente ma è una sensazione che si prova anche dal coinvolgimento di altre persone: accomunare le sensazioni di tutti.
Costruttivo.
A livello professionale spero di vedermi nell’arco di un paio di anni come direttore artistico perché ho intrapreso questo percorso di Fashion design per cercare di esternare qualunque aspetto artistico che riguarda la mia personalità.
Diciamo che uno dei punti che mi sono prefissato prima di iniziare la triennale è stato quello di diventare alla fine dei tre anni un vero e proprio designer, perché designer significa, per quello che penso, essere aperto e avere curiosità nei confronti di qualunque ambito artistico, perché penso che un designer odierno e moderno debba avere a che fare con qualunque ambiente.
Può centrare con magari quello che è l’interior design, con la parte di comunicazione, la parte grafica, quindi spero di svilupparmi e crescere come art director, avendo modo di lavorare in più campi possibile.
Ciao a tutti: è stato un piacere parlare con questa videocamera!
Spero che il vostro percorso in IAAD. sia divertente come il mio.
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THESIS PROJECTS
Come raccontare la città di Riccione alla Generazione Z?
Luca, ispirato dalle lezioni di Content Management del Prof. Arena, ha deciso di sviluppare l’editoriale digitale Albedo Magazine, nato anche per celebrare il centenario del Comune.
Come raccontare la città di Riccione alla Generazione Z?
Luca, ispirato dalle lezioni di Content Management del Prof. Arena, ha deciso di sviluppare l’editoriale digitale Albedo Magazine, nato anche per celebrare il centenario del Comune.
con il suo progetto di tesi in Digital Communication design
Ciao, sono Luca Venturi, ho 23 anni e ho frequentato il corso di Digital Communication design.
Per il mio progetto di tesi individuale ho progettato un editoriale digitale per il Comune di Riccione che ha lo scopo di raccontare la città ai giovani turisti e giovani riccionesi tramite eventi, persone e news su negozi e realtà locali della Riviera Romagnola.
Il mio progetto di tesi individuale è nato seguendo le lezioni di Content Management del professor Alessandro Arena qui allo IAAD. Bologna, e mi sono appassionato molto ai progetti che ci faceva svolgere in classe: progetti di stampo editoriale come magazine, fanzine e profili Instagram sempre di stampo editoriale.
E così ho deciso di riproporre un mio progetto che avevo realizzato durante il corso anche per la mia tesi di laurea.
Ho scelto il Comune di Riccione per il mio progetto per due motivi: il primo è il fatto che l’anno scorso è stato il centenario del Comune di Riccione e volevo realizzare un progetto per questa occasione, e il secondo motivo è che sono oramai 22 anni che frequento la città di Riccione ogni anno, ogni estate, e quindi ho un legame affettivo personale con questa città e questa realtà che ho sempre vissuto.
Nella realizzazione del mio progetto di tesi le difficoltà principali sono state in primis quella di trovare i materiali necessari per creare i contenuti nel magazine.
Ho dovuto portare avanti una ricerca molto approfondita sul territorio: sono andato di persona nella biblioteca Gambalunga di Rimini a sfogliare i gazzettini riminesi, che erano dei periodici che venivano pubblicati nei primi anni del Novecento, e da questi periodici ho portato avanti tutta la parte contenutistica del magazine.
Un altro problema che ho avuto durante lo sviluppo di questo progetto è stato la gestione dei tempi, dato che ho dovuto dedicare molto tempo a questo progetto ho dovuto gestire bene anche il tempo dedicato ai singoli corsi qui allo IAAD.
All’interno dello IAAD. la persona che mi ha più supportato in questo percorso è stato il mio relatore interno, Alessandro Arena, docente di Content Management qui allo IAAD. di Bologna: con lui ho avuto modo di confrontarmi molto spesso, partendo sin dall’inizio del progetto, quindi suggerimenti sia sulla parte di ricerca ma anche sulla parte più pratica e visiva della realizzazione degli output finali da presentare il giorno della tesi.
Quando ho iniziato a vedere che il mio progetto aveva iniziato a prendere forma mi sono subito confrontato con i miei colleghi qui allo IAAD. di Bologna: all’inizio è stato una sensazione di sorpresa perché non pensavo che piacesse così tanto anche ai miei compagni, e allo stesso tempo sono stato ricambiato tramite consigli, feedback da parte loro, che sono stati molto utili per completare effettivamente il progetto di tesi.
Per me questo progetto di tesi è una sorta di biglietto da visita perché mi rappresenta al cento per cento sia come output ma anche come processo e procedimento che ho usato per completarlo: rappresenta il massimo che ho dato qui all’interno di IAAD. e lo utilizzerò per presentarmi in futuro.
Il mio consiglio da dare a chi deve ancora portare avanti un progetto di tesi è quello di iniziare sin dai primi due anni a cercare di capire cos’è che gli piace veramente tra i vari corsi che vengono affrontati qui allo IAAD. e nell’estate prima del terzo anno iniziare a pensare con largo anticipo al progetto ma anche pensare con chi vorrà collaborare, perché una procedura che prende molto tempo è quella di contattare le aziende, quindi il mio consiglio è di essere sempre un passo avanti rispetto alle deadline.
Grazie a tutti quelli che mi hanno permesso di arrivare qui oggi. Ciao!
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THESIS PROJECTS
Cosa significa la parola design? “Un termine molto inflazionato” secondo Sara Modugno, alumna del corso in Product design, che ha individuato come risposta il progettare soluzioni per risolvere problemi reali.
La sfida che ha voluto affrontare, lavorando insieme al CTO di Torino e un team multidisciplinare dell’associazione non profit HACKABILITY, è stata produrre un ausilio realizzato tramite l’uso di macchine di prototipazione e stampanti 3D, che ha riscosso un enorme successo tra i pazienti.
Cosa significa la parola design? “Un termine molto inflazionato” secondo Sara Modugno, alumna del corso in Product design, che ha individuato come risposta il progettare soluzioni per risolvere problemi reali.
La sfida che ha voluto affrontare, lavorando insieme al CTO di Torino e un team multidisciplinare dell’associazione non profit HACKABILITY, è stata produrre un ausilio realizzato tramite l’uso di macchine di prototipazione e stampanti 3D, che ha riscosso un enorme successo tra i pazienti.
con il suo progetto di tesi in Product design
Sono Sara Modugno, laureata in Product design.
Ho progettato un ausilio, in collaborazione con il CTO di Torino, che permettesse ai pazienti tetraplegici di poter tagliare gli alimenti in autonomia durante i pasti.
L’idea di questo progetto è nata dall’analisi della parola design, che di solito è molto inflazionata come parola.
Tradotta in italiano, in realtà, ha un significato molto più profondo: secondo me è, appunto, progettare, progettazione, individuare un problema e andare a risolvere questo problema. L’idea di progettare si può, diciamo, sviluppare in più settori tra cui anche quello del sociale, e quello che trovo la parte accattivante del design è progettare per gli altri.
Ho collaborato con l’associazione Hackability: ho scelto questa associazione perché loro lavorano proprio con la disabilità e sono al servizio della disabilità, ma in realtà creano proprio dei team, dei tavoli di co-progettazione fra diverse figure, fra cui gli ingegneri, i terapisti occupazionali, i pazienti stessi, i disabili e anche gli anziani.
Ho avuto l’opportunità di collaborare con loro all’interno del progetto Tech for Inclusion, in collaborazione con il CTO di Torino, in cui l’associazione è riuscita a portare le stampanti 3D all’interno del CTO di Torino: questo permette di creare degli ausili in tempo zero in maniera molto immediata attraverso l’utilizzo della stampante 3D.
La parte più difficile all’interno di un tavolo di co-progettazione è mettere insieme le opinioni di diverse persone e di persone che sono esperte in diversi settori: ho imparato ad ascoltare le opinioni di tutti, a raccoglierle e poi creare una soluzione che tenesse conto delle opinioni principali di tutti, quindi questo mi è stato di grande aiuto ed è una difficoltà che che ho superato appunto attraverso questo percorso di tesi.
IAAD. mi è stato di grande aiuto: avevo, combinazione, fatto un workshop proprio sull’utilizzo della stampa 3D e questo mi ha aiutato poi nel momento in cui ho dovuto svolgere la tesi, perché alcune nozioni appunto sulla stampa ce le avevo.
Il relatore interno, Mauro Bimbi, è un ergonomo, quindi è stato essenziale nel momento in cui dovevo andare a progettare la parte ergonomica, e all’interno di un ausilio per dei pazienti comunque particolari, tetraplegici, è veramente importante: ho avuto un grande supporto da questo punto di vista.
Quando la mia idea ha iniziato a prendere forma, devo dire che mi sono entusiasmata ed emozionata: cioè passavo dal modello 3D a poi vedere l’oggetto in mano, quindi ho seguito proprio tutto l’iter progettuale, lo sviluppo, ed è stato veramente emozionante, soprattutto nel momento in cui ho dato il mio ausilio finito in mano al paziente e ho visto che lo utilizzava interamente da solo.
Questo per me è stato ovviamente motivo di orgoglio ma di grande soddisfazione anche vedere il volto felice di questo paziente.
Per me questo progetto rappresenta un punto di inizio, perché secondo me questo è il futuro del design e della figura del designer.
La figura del designer deve essere inserita in tavoli di co-progettazione, deve dare spunti innovativi per migliorare veramente la vita delle persone, anche semplicemente da come si utilizza un oggetto, oppure facilitare proprio un’azione nella vita di tutti i giorni.
Per il mio futuro lavorativo, spero di trovare delle persone che abbiano la mia stessa ambizione, ecco.
Agli studenti che stanno per affrontare questo percorso di tesi consiglio di essere aperti al dialogo con tutti, soprattutto con i propri compagni, con i professori, di non aver paura di chiedere aiuto anche ad altri professori che non siano il relatore interno.
Consiglio di essere carichi e motivati, e di scegliere un argomento che gli interessi veramente, perché da questo progetto si vede qual è il vostro pensiero.
Ho scelto IAAD. perché per me è stata accattivante anche la comunicazione, ovvero questa idea di una comunità che ha degli obiettivi comuni e si riuniscono intorno a questi argomenti persone che vogliono trovare delle soluzioni, o che hanno delle ambizioni, o che creano delle cose nuove, belle innovative: quindi assolutamente un ambiente dinamico, e comunque ti dona tantissimo, cultura e desiderio di sapere sempre di più.
Ho scelto il corso in Product perché per me era il corso più completo.
Ho avuto la possibilità di seguire i miei progetti a 360 gradi: dalla realizzazione dei primi prototipi al modello 3D, alla renderizzazione ma anche un po’ al mondo di Communication, al mondo della comunicazione, o i loghi, il brand…
Per me era importante essere una una figura a 360 gradi e questo corso mi ha permesso di essere proprio questo.
Per me avere successo significa essere realizzati in primis con se stessi, quindi guardarsi allo specchio e sentirsi comunque bene con se stessi.
Per me avere successo vuol dire anche avere carisma e avere l’opportunità di relazionarsi con altre persone che la pensano come te o anche in maniera diversa, ed è questo che crea, diciamo, un movimento molto forte del mondo: quindi, per me questo vuol dire avere successo.
Il mio futuro professionale lo immagino ricco di esperienze, ricco di stimoli e di persone che possano condividere con me questo stimolo: sto cercando di costruire mattoncino per mattoncino proprio questo.
Immagino il mio futuro anche in compagnia dei miei colleghi universitari, quindi mi auguro di continuare su questa strada con loro.
Un designer è un progettista con anche il senso estetico. Ciao!
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